Stringiamo
tra le dita assorte
questa sabbia d'oro
polvere di amori traditi
di incontri sbagliati
ricordo pungente
di labbra negate.
Sappiamo chi eravamo
ignorando la meta
nel dubbio
muore ogni giorno un poco
di me di te
scavando abissi di silenzio
pareti d'ombra
presagi mesti di morte.
Nel sole d'ultimo d'ottobre
un'eco di risacca
ripete la nostra angoscia all'infinito
Mare
Enorme occhio di gatto
magico specchio di pene assopite
"Il pane che sa di mare č amaro"
dicevi nonna e tu sapevi quanto.
Lunghe attese,indicibili ritorni
l'addio ti lasciava ogni volta
quercia senza radici
Il
mio Paese
T'ergi sul colle
dove l'agave e il pino
ti fan corona
vecchio borgo a me sė caro
oltre le mura scendi a la marina
tra antichi ulivi oggi raro
l'arancio occhieggia.
Verso l'ampio orizzonte
qualche barca va
ora fendendo onde serene
ora sfidando buie tempeste.
Vive di mare e di mare muore
il mio Paese.
Acquazzone
estivo
Lameggia nell'afa del meriggio
il mare un cumulo di cirri
presto si fa nembo.
Brontola il tuono poi che il lampo
ferė l'aria di piombo
tra nuvole di sabbia.
Silenzio d'un attimo nero
poi l'onda si gonfia
ruggendo s'infrange.
Rivivo il terrore dell'inizio
del mondo e mi sento nulla.